Che cos’è oggi il capitalismo?
Associazione QUANTI – Intervento di Gabriele Pasqui – Casa delle Associazioni, via Saponaro, 20 Milano, 19/11/2017
1. Che cos’è il capitalismo?
2. I rapporti internazionali
3. Prospettive
1. Partiamo dalla definizione classica del modo di produzione, determinato dalle forze produttive e dai rapporti di produzione. Le forze produttive sono tecniche e tecnologie che si modificano in continuazione grazie, ad esempio, all’introduzione di nuovi macchinari. I rapporti di produzione sono i rapporti sociali in base ai quali si organizzano la produzione e la riproduzione. Il capitalismo, come dice anche Marx, non è l’unico modo di organizzare la società e la produzione, dato che sono possibili organizzazioni sociali non capitalistiche. Oggi tuttavia il modo di produzione capitalistico è largamente dominante a livello mondiale, molto più di quanto non pensasse lo stesso Marx.
Nella sua fase iniziale, il capitalismo può essere definito come una forma di organizzazione della società basata sullo scambio mercantile. Da questo stadio, poi esso si è sviluppato profondamente. Oggi i meccanismi di distribuzione e scambio sono talmente complessi, che l’intero assetto globale è difficile da controllare e da gestire. Ogni tentativo di pianificare la produzione in modo centralizzato si è dimostrato inadeguato.
Sulla base del pensiero di Marx si sono innestate le riflessioni di Weber e di Schumpeter. Max Weber, in polemica con la concezione materialistica della storia, rovescia la teoria marxista del rapporto fra struttura economica e sovrastruttura e approfondisce lo studio dello spirito del capitalismo, anche in relazione con la religione protestante. Joseph Schumpeter si focalizza sui concetti di innovazione e sviluppo per spiegare l’alternanza, nel ciclo economico, di fasi espansive e recessive.
2. Oggi il mondo si trova sull’orlo di una crisi del capitalsmo, nata circa dieci anni fa, dalla quale sta cercando di uscire. Una caratteristica del capitalismo è stata la capacità di reggere in contesti politici molto differenti. Se lo “spettro” di cui parlavano Marx e Engels era dettato dal rischio di una reazione della borghesia, successivamente esso ha dimostrato di sapersi riprodurre sia in regimi democratici sia in quelli non democratici, come la Cina, che opera con un modo di produzione capitalistico. Quest’ultimo, del resto, è stato adottato nel corso del XX secolo da molti Paesi anche diversi fra loro, dal Giappone agli stati del Sud America.
Indubbiamente dobbiamo dare atto al capitalismo di avere generato importanti processi di emancipazione sociale, anche se non sempre e non solo per proprio merito. Indubbiamente, oggi il capitalismo è il sistema dominante a livello globale, anche se con aspetti molto differenti da Paese a Paese. È presente in India ed è presente in Vietnam, uno deli scenari più dinamici di tutta l’Asia.
Nel mondo occidentale, dopo la fine del periodo d’oro del welfare state (fine anni ’70), che ha significato l’emancipazione dei ceti meno abbienti con una conseguente crescita del debito pubblico e di un aumento di inefficienza della Pubblica Amministrazione (uno dei principali fattori di crisi in Italia), il capitalismo ha costruito un modello di ristrutturazione su scala globale spostando l’asse fondamentale del proprio funzionamento dal lavoro alla tecnologia. In Italia, in particolare, il capitalismo si destruttura e si riorganizza sul teritorio. A Milano, la prima sede dell’Alfa Romeo ha chiuso a metà deli anni ’70, segnale di inizio di un processo che corrispondeva alla riorganizzazione del capitalismo di territorio. Ma la riorganizzazione su base tecnologica sarà sempre più impetuosa. Il mondo capitalstico che vediamo oggi è ancora a uno stadio elementare rispetto agli scenari che vedremo nei prossimi anni. Questa integrazione non è solo di natura tecnologica, ma è un processo socio-economico che investe il mondo della finanza.
3. Oggi una partita decisiva per il futuro del capitalismo si gioca in Africa: la Cina è il Paese che è entrato con più forza in questo continente. Nei prossimi 15 – 20 anni la prospettiva sarà ancora geopolitica. Nello scenario mondiale l’Europa è estremamente fragile e, in un nuovo equilibrio, dovrebbe cercare di giocare ancora un ruolo importante a livello economico, anche se non ha ancora una propria politica per l’Africa.
In Europa la sconfitta delle forze di sinistra ha una significativa ricaduta sul welfare, che doveva essere uno dei suoi punti di forza. Proprio qui si gioca il futuro della sinistra in Europa, che dovrebbe reinventare il welfare: altre possibilità di rilancio non se ne vedono. Infine, un altro effetto dell’attuale capitalismo è l’aumento delle diseguaglianze.
Non è facile dare indicazioni sulle possibilità di intervento per modificare la situazione. L’Italia si deve chiedere seriamente quale sia il suo ruolo nella divisione internazionale del lavoro. Forse non abbiamo molte opportunità di tornare sulla frontiera, come è stato nel periodo 1962 – 64, quando la Olivetti ha realizzato il primo personal computer del mondo. Abbiamo tuttavia una forte industria manifatturiera, sia pure marginale. Un altro fronte su cui lavorare è quello del settore pubblico, la cui crisi rappresenta un fattore di particolare difficoltà per il nostro Paese.
- Posted by steve_030365
- On 7 Marzo 2015
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